domenica 5 dicembre 2010

La Passeggiata

Bau!
La zampetta graffiava la porta, "E adesso che hai?", disse una voce maschile distante, il cane come risposta riprese ad abbaiare più convinto. “Che palle! Ho da lavorare adesso, più tardi usciamo!”. Disinteressato alle lamentele del padrone, l’animale continuava a graffiare la porta con maggiore forza. Dopo qualche minuto che insisteva riuscì finalmente ad attirare l’attenzione. “Basta! Ho detto basta!” L’uomo alzò le mani in evidente segno minaccioso. Il cane spaventato si accucciò guardando il padrone. “Scusa, non volevo”, poi fermandosi un attimo aggiunse, “che poi manco capisci quello che dico” si avviò verso il tavolo al centro della stanza e prese un guinzaglio. “Dai usciamo Patton”.
Era una bella giornata per fare una passeggiata. Il cane e il suo padrone passeggiavano davanti ad una vecchia casa, nel giardino un'anziana signora innaffiava. Patton si avvicinò al muretto ed evacuò. L'uomo stava frugando nelle tasche per prendere il sacchetto, quando la vecchietta si avvicinò. "Senta signor Giovanni non vorrà mica lasciare quello schifo là?", "No signora Enza adesso raccolgo". L'anziana lo guardò con disapprovazione "Va bene, ma stiamo più attenti la prossima volta". "Certo, non è vero Patton?", Il cane si girò verso di lui, come se cercasse di capire cosa dicesse. Giovanni non riuscì a trattenere un sorriso.
Dopo una mezz'ora di cammino, Giovanni decise di sedersi su una panchina. Il cielo era sereno, nell’aria si sentiva il profumo delle aiuole vicine. Dietro di loro un gran pino forniva l’ombra perfetta per riposarsi. Giovanni accarezzo Patton come per ringraziarlo. Dopo un po’ si avviarono, soddisfatti, verso casa.

martedì 30 novembre 2010

Un Grande italiano

Ci sta il Principe che lo aspetta, vestito da straccione, cuore da Signore. Lello ha già pronta una supercazzola. Son ventotto anni che ce l'ha pronta. In spagna è grande festa! Cento cannoli alla catalana son stati portati da un servo e il suo padrone. Due soldati lo attendono, affamati e stanchi. Uno eroe, l'altro non voleva esserlo. Il Marchese lo saluta, sempre con la battuta pronta, allora sta rivoluzione? Ultimo, forse il più amato, c'è il nobile cavaliere da Norcia. Egregissimi siam qua per decantare le qualità di siffatto cavaliere: Testardo come lo mulo, cinico come lo corvo, amava donna Italia. Per lei soleva pugnare contro li di lei maligni padroni. Lasciato lo tristo mondo delli vivi, entra nelli reami della fantasia, per lo grande contributo dato.

Già ci manchi Mario.

mercoledì 3 novembre 2010

L'asinello azzoppato

Doveva essere una sconfitta bruciante, alla fine hanno perso ma non tanto male. Per come la vedo se Obama riesce a mettere i repubblicani contro il tea party, ce la fa a portare la pagnotta a casa, anche se qualcosa gli toccherà lasciarla per strada. Saranno due anni all'insegna del compromesso, se gioca bene le sue carte sarà il partito rosso (non ho mai capito come un partito così impregnato di retorica antisocialista possa essere avere il rosso come colore, ignoranza? Segretamente sono marxisti? Lenin e compagni li hanno copiati? Scusate lo sproloquio ma son domande che non fanno dormire ma anche no) a pagare lo scotto, apparendo quello che ha ceduto maggiormente. Il tea party d'altro canto è contrario ad ogni mediazione col presidente, chissà cosa faranno con tutti i loro seggi, limitarsi a fare ostruzione in una situazione del genere potrebbe essere nocivo per l'America stessa. Qui ritorniamo all'inizio con Obama da una parte indebolito ma dall'altra con la forte possibilità di distruggere la già fragile alleanza tra la parte moderata del partito conservatore e gli estremisti del tè. Certo sarà un impresa difficile perché per quanto sia chiaro che ci sia diffidenza da entrambe le parti, sanno che solo uniti possono strappare la presidenza ai democratici nel 2012. Obama ha però la carta economia da giocare, paradossalmente quella che lo ha fatto perdere. Deve riuscire ad ammorbidire le proprie posizioni e allo stesso tempo a convincere i moderati repubblicani della necessità di agire date le condizioni precarie del paese. Può riuscire a spaccare l'opposizione.
Daje Mr. President che je la può fà!

P.s. Tra le mie molte stranezze mi piace pure seguire la politica ma  tranquilli, prossima volta un nuovo racconto o la recensione di un bel videogiuoco.

domenica 10 ottobre 2010

La prima fila parte 2 (Finale)

(Son tornato!)

Le sacerdotesse benedicevano un enorme folla di corazzieri, ogni volta che le voci si fermavano, rumore d'acciaio, i guerrieri alzavano le mani verso la Madre. Nonostante fossero forgiate dai migliori fabbri imperiali, le armature complete a piastre non offrivano una grande protezione dai moschetti nemici. L'unico vero scudo che poteva difendere i cavalieri era l'amore della Dea per i propri figli. Giovanni ascoltava con la massima calma eseguendo in maniera perfetta il rito, il viso impassibile sotto l'elmo. A differenza degli altri si sentiva già pronto, non era la prima volta che affrontava il puro caos della battaglia e facendosi forza della sua fede non era mai arretrato. Per questo coraggio e la sua provata esperienza, poteva scegliere di stare nel cuore della carica. Tra i cavalieri più esperti e letali, che avevano l'onore di portare armature incantate più efficaci contro il fuoco nemico. Stranamente, per i suoi compagni d'armi, lui preferiva far parte dei primi, i preferiti della Dea. Si sentiva perfettamente a suo agio sul suo cavallo da guerra, nella prima fila, composta per la maggior parte da giovani ubriachi e terrorizzati davanti al loro primo vero sangue. Giovanni sapeva che molti di loro sarebbero morti, sperava che i sopravvissuti potessero trovare nella battaglia il coraggio di servire fino in fondo la Creatrice. Il rito fu concluso, tutti urlarono all’unisono ”Viva la Madre e la vera Chiesa!”, Le sacerdotesse compiaciute andarono dai comandanti per gli ultimi preparativi.
Un’Anziana madre si staccò dal gruppo camminando verso Giovanni. Indossava una veste bianca, tenuta ferma da una cintura rosso sangue ad indicare il suo essere una madre. Dietro di lei la seguiva una giovane sacerdotessa, la sua veste bianca immacolata in attesa di diventare anch'essa madre.
”Nobile cavaliere” salutò l'Anziana madre, Giovanni prontamente scese dal cavallo e fece un inchino, “comandi madre Francesca”, ”riposo Giovanni, son venuta qui per presentarle Elena una giovane sacerdotessa bisognosa di un forte guerriero.” L'uomo rivolgendosi alla ragazza la salutò inchinandosi ”al suo servizio”, ”cavaliere”, rispose lei con un cenno della testa, ”madre Francesca mi ha molto ben parlato di lei, per questo ho voluto conoscerla al più presto per chiederle di servirmi come guardia del corpo”, fece una pausa per permettere a Giovanni di rialzarsi. “Mi hanno detto che lei combatterà in prima fila, mi chiedo che bisogno c'è, dato che più volte ha provato il suo valore”, “Confido nella protezione della Dea ma se vuole farò domanda di cambiare posizione.” “No Giovanni, non ce ne è bisogno”, intervenne Francesca, “ Condividiamo la sua fede e crediamo nella volontà della Madre, vero Elena?” La ragazza sorrise in maniera goffa ma i suoi occhi tradivano la sua vera opinione. “Sicuramente lei è più esperto nel mestiere delle armi di me e sa bene quello che fa, pregherò per lei”, detto ciò si allontanò insieme all'Anziana madre.
Giovanni si sentì sollevato. Fortunatamente avevano rispettato il suo desiderio di affrontare in prima linea i dissidenti. Soltanto là nello scontro contro i nemici della vera fede lui credeva di fare la volontà della Dea. Uccidendoli compiva un peccato d'amore, affinché le sue colpe permettessero ai dissidenti di ritrovare la vera fede nella morte. Pensando ciò la sua mano istintivamente andò a toccare la pistola.
La battaglia era imminente, salì sul cavallo e si mise in posizione aspettando lo squillo della tromba che avrebbe dato inizio al massacro. L'aria era tesa, tutti aspettavano l'ordine, alcuni terrorizzati, altri impazienti. Il suono tanto atteso arrivò, i corazzieri partirono in formazione al galoppo, come un'onda che andava ad infrangersi contro degli scogli. Giovanni sperava che la carica fosse compatta nonostante le inevitabili perdite, altrimenti il loro sacrificio sarebbe stato inutile. I dissidenti erano a poche centinaia di metri, il corazziere con la pistola già in mano spronò il cavallo, quando sentì migliaia di moschetti sparare contemporaneamente. Non è possibile, pensava tra se, siamo ancora troppo distanti per sparare. Alla sua destra, un cavaliere colpito in pieno petto, cadde a terra. Morì orribilmente schiacciato dagli zoccoli, mentre il suo cavallo continuava a galoppare verso l'inevitabile morte. Il concerto mortifero risuonava, ripetendo il terribile spettacolo. Ormai riusciva a vederli, non erano i moschettieri a sparare, per la prima volta la paura si insinuò nel suo cuore. Non restava altro che spronare il cavallo e sperare che la Dea lo proteggesse.
Non era più una questione di vita o di morte doveva solo raggiungere il nemico per poter sparare almeno un colpo, almeno uno. Ci siamo, pensava disperato, osservando ai suoi lati solo pochi cavalieri che come lui cercavano di finire questa corsa suicida. Ad un tratto un bagliore in mezzo a quella sterminata fila di corpi attirò i suoi occhi, un nano con una folta barba rossa sembrava mirarlo. Sparò pochi attimi dopo, il cavallo gravemente ferito crollò al suolo. La caduta violenta aveva probabilmente rotto qualche osso, il dolore era lancinante. L'animale morente schiacciava il corpo dell'uomo dalla vita in giù.
Alzò la visiera dell'elmo, gli occhi azzurri osservavano il cielo limpido. Tutt'intorno, i cavalli dei suoi compagni d'armi galoppavano. Piangeva come un bambino, non per la morte che l'attendeva, non per la sconfitta dell'esercito imperiale, per la sua pistola carica.

giovedì 3 giugno 2010

La prima fila

Rumore di metallo. Era il rumore d’armi e armature. La piana era per intero occupata da questo rumore. L’aria era secca e il sole era alto, ad occhio erano le due, il momento perfetto. Wilhelm controllò il suo moschetto per l’ennesima volta. Intorno a lui si montava la prima linea di fuoco. In due preparavano il terreno per lo Sfoltifile, uno teneva l’arma, l’altro scavava la buca per l’appoggio metallico. Indispensabile dato il contraccolpo, talmente forte che nonostante il sostegno solo i più forti potevano maneggiarlo. Wilhelm nel frattempo aspettava pazientemente, mentre dei picchieri si schieravano vicino a lui. Indossavano una corazza leggera che copriva solo il torso e le gambe oltre alla testa, dietro non avevano protezioni. Se il nemico li avesse presi alle spalle, nessuna armatura sarebbe servita. Il moschettiere invece indossava solo una casacca senza maniche con sotto una camicia che forse un tempo era stata bianca, pantaloni consumati e dei stivali. Sulla testa un cappello nero con larga falda, ornato con delle piume rosse, di sotto ad esso spuntava una lunga treccia. Non aveva protezioni, ma preferiva la comodità, sapeva che da distanza ravvicinata l’armatura offriva ben poca sicurezza. Uno squillo ruppe la monotonia del metallo, era il segnale.
Le file nemiche si erano fermate per gli ultimi preparativi, vicine a sufficienza per i cecchini. Wilhelm era uno di loro e prontamente imbracciò il fucile dotato di una lente che gli permetteva di vedere lontano, non aveva idea di come funzionava, la cosa non gli interessava. Il suo compito era notare truppe che facevano movimenti strani o emettevano bagliori di luce particolari. Non era certo un metodo infallibile, ma era l’unico per rintracciare eventuali Magus. Scorse in mezzo alle truppe imperiali un uomo muovere le mani in maniera strana, nel dubbio preferì sparare. Il colpo trapassò il cranio facendo uscire schizzi di sangue e cervella. Dalle file nemiche udì bestemmie e insulti a lui rivolti, mentre lui con indifferenza ricaricava velocemente. Gli imperiali consideravano i cecchini un modo poco onorevole di combattere, ma oltre ad essere efficienti contro i Magi, erano un buon modo per demoralizzare i soldati dell’impero. Sul terrore suscitato dai cecchini circolavano diverse storie. La preferita di Wilhelm era quella di un soldato dell’impero che rimaneva immobile tormentato dalle zanzare pur di non agitare le mani per scacciarle. Si divertiva a sostenere che fosse vera, tra gli sguardi increduli dei compagni d’arme.
Lo sfoltifile era montato e un robusto nano teneva il calcio dell’arma appoggiato sulla spalla. Wilhelm non riusciva a figurarsi la mente che era riuscita ad immaginarsi quell’oggetto assurdo. Come un fucile aveva un calcio e un grilletto, la canna però si divideva in più bocche di fuoco, ad occhio erano una ventina disposte su due file orizzontali. Era l’arma su cui il Duca Gustaf più contava, insieme ai moschettieri, per sconfiggere l’armata imperiale. Il suo potere di fuoco era immenso, decimava intere file di cavalieri. D’altro canto l’arma non era ricaricabile in battaglia, sia per la lentezza dell’operazione, che per il surriscaldamento delle canne provocato da un singolo utilizzo. Mentre Wilhelm era asserto nei suoi pensieri, un nano riccamente bardato su cavallo, entrò nella sua visuale. Il Duca veniva ad incoraggiare i suoi uomini prima della battaglia. Indossava un’armatura nanica a piastre, ornata con oro. La testa scoperta, lasciava vedere la sua folta barba nera a cornice del volto giovanile. Con lui portava le sue famosi armi, la spada dell’ultimo re nanico e cosa rara per i nobili, un moschetto chiamato ‘L’ammazza giganti’. Per questo i suoi nemici solevano chiamarlo ‘il duca moschettiere’ con disprezzo. "Soldati della Dissidenza, oggi siamo qui per affrontare l’esercito imperiale!". Si fermò un attimo, compiacendosi delle urla di approvazione di tutta l’armata. "I nostri nemici difendono la Somma Sacerdotessa, corruttrice della Sacra Parola! Quante orribili vessazioni da parte loro abbiamo sopportato, noi e le nostre amate famiglie!". Si sentirono grida furiose. Molti soldati provenivano da zone saccheggiate dall’esercito fedele alla Chiesa Madre. "Oggi la Dea Madre ci arride! Quale migliore occasione per restituire i torti subiti? Orsù imbracciate le armi con fierezza, perché in questo giorno riconquisteremo la libertà toltaci dal vile Impero!". Urla riempirono il campo di battaglia. Come tutti gli altri anche Wilhelm gridava a squarciagola. Con una mano accarezzava superstiziosamente la folta barba rossa e alzava, con l’altra, il moschetto verso il cielo, come per ringraziare la Dea per la futura vittoria. Ben presto il disciplinato esercito rientrò nei ranghi, pronto alla battaglia. Dall’altra parte della piana, i corazzieri imperiali si stavano preparando per la carica.

Continua...

lunedì 17 maggio 2010

Orvieto Comics

Bell'edizione quest'anno, ho comprato un sacco di fumetti ottimi (tra cui l'incal) con sommo dolore del mio povero portafogli, ho visto un samurai, tanti bei dischi e un sacco di professionisti di questo mondo in cui mi piacerebbe entrare.
Bon se vi piacciono i post brevi potete smettere di leggere qui.
Suppongo a questo punto siano rimasti a leggere in pochi, pochissimi (oddio non che prima foste tutta sta gran massa), voglio scrivere qualche mia personalissima impressione sui due dibattiti che ho visto. Il primo era sulla situazione del fumetto in italia, c'erano Lorenzo Bartoli, non posso non citare la pistola nella (m)ano XD; Giacomo Bevilacqua, Gabriele Dell'Otto per la Sold Out e Dario Gulli della Starcomics. Il secondo era sulla reltà del fumetto autoprodotto, una realtà che onestamente conoscevo poco. C'erano  Giuseppe Grispello (Ostro Media), Marco Cannavò (Intermadia che tra l'altro organizza l'evento), Chiara Punno (Autrice/Disegnatrice di Orvieto Anno Domini 1313) e Alessando Marzi (http://alessandromarzi84.blogspot.com/). Già singolarmente sono stati molto interessanti, ma in coppia ne è uscito un piccolo spaccato del fumetto italico. Da una parte c'è stata una sorta di autocritica sul poco coraggio delle medie grandi case editrici ma in generale dell'intera italia nel produrre idee nuove e rischiare, tesi un pò contradditoria se posso dire la mia, visto che poi si cercava di giustificarsi additando come molte case editrici non possano permettersi di investire in autori nuovi rischiando di non recuperare l'investimento. Credo che Gulli sia stato onesto però ho l'impressione del cane che si morde la coda e continua a girar in tondo. Nel dibattito sul fumetto autoprodotto sono emersi autori con delle idee ma che non riescono a trovare un'editore, per un mercato troppo saturo? editori poco coraggiosi? anche qui tutti i presenti hanno detto cose diverse. In verità l'unico a difendere gli editori è stato Grispello scelta impopolare in un contesto simile però coraggiosa e che (a mio modesto giudizio) merita rispetto. Gli altri avevano posizioni più o meno critiche verso l'editoria. Mi ha fatto impressione ciò che ha detto Marzi, di come spesso sia determinante una botta di culo nel trovare un'autore o editore a cui non solo il tuo lavoro piaccia ma gli sia anche utile in quel dato momento, dicevo impressione perché dopo questi due giorni mi sembra fottutamente vero. Certo che ho scelto un mondo in cui è facile entrare eh? Forse era meglio che provavo a fare il calciatore... ma anche no!
Sarebbe molto interessante se l'anno prossimo si facesse un dibattito con giovani autori ed autori, editor affermati. Forse ne verrebbe fuori un confronto anche duro, però che dibattito con i controcazzi che sarebbe!

P.s. E magari degli orari più precisi, mi sono letto mezzo fumetto aspettando che incominciasse una discussione asd.

P.p.s. Ho scoperto che Bartoli ha casa nel mio paese, và come è piccolo il mondo!

venerdì 14 maggio 2010

Dialogo tra un Pazzo e un Santo

Questo è un'assurdo dialogo che ho pensato in un momento di cazzeggio, adesso che vi ho avvisati non lamentatevi dopo eh?:D

Entra un uomo sulla quarantina, lunghi capelli raccolti in una coda, fanno contrasto con una fronte stempiata, aspetto trasandato, indossa una maglietta dei Metallica.
-Buonasera sò Beppe, satanista, si avete capito bene, satanista.
Alza la mano facendo il gesto delle corna e urla.
-Viva Satana!
Sorride con aria beffarda.
-Direte so un pazzo assassino di quelli che si sentono in tv? No, son contro la violenza, almeno ci provo, però certe volte le mani mi prudono. Ho quarantadue anni e non sono riuscito a realizzare i miei sogni da giovane.
Guarda un attimo per terra, per nascondere un’emozione.
-Adesso sono un precario senza speranze, non andrò mai in pensione. Non ciò futuro, si lo so , ormai ve siete fatti du cojoni grossi così sul precariato e compagnia, tra di voi pensate ‘la solita menata su sindacati inefficienti, stato cattivo, ecc…’ insomma roba da comunista.
Si siede e incrocia le gambe.
-Figuratevi che io ci credevo pure in ste cose, ma oggi che è rimasto? Solo retorica vuota, ve lo dico io cosa bisognerebbe fare, ammazzarla sta retorica! Sapete che vi dico stavano mejo nell’ottocento, almeno lo sapevano chi je lo metteva in culo, oggi manco quello sappiamo, cinesi? Piemontesi? Americani? Romani? Boooh!.
Si ferma per un po’, con la faccia sconsolata che fissa il vuoto.
-Quando avevo vent’anni ero pieno di passioni, la musica! Solo quella ti dava la forza di vivere. Mi ricordo le litigate coi tozzi, eravamo incazzosi e pieni di vita! Oggi che è rimasto? Niente, siamo troppo vecchi per la musica d’oggi, troppo giovani per contare qualcosa in questo paese di cariatidi. Allora io dico Viva Satana! Almeno il diavolo lasciatemelo!”
Si alza e cammina nervosamente avanti e indietro.
-Lasciatemi almeno il diavolo, alla fine conviene anche a voi avere un reietto da disprezzare e su cui scaricare le proprie frustrazioni!
Si siede nuovamente, con il capo chino. Alla sua destra entra un uomo dalla pelle olivastra, tipica del medio oriente, ha dei capelli lunghi, scuri come la sua folta barba, indossa una veste bianca.
-Che ti succede Beppe?
L’uomo seduto alza lo sguardo.
-Chi sei tu?
-Gesù, quello che sei solito bestemmiare.
L’altro sgrana gli occhi.
-Cos’è una presa per culo? O qualche stupido scherzo televisivo?
-Forse si o forse no, comunque sia non sono qui per questo, sono qui per te.
-Che vuoi il mio pentimento?
Silenzio, Beppe sembra riflettere.
-Ti dirò Gesù o chiunque tu sia, non ho un cazzo di cui pentirmi, ho vissuto la mia vita con i miei errori certo, ma se non li avessi fatti non sarei stato me stesso, solo qualcuno che non voglio essere, quindi in sintesi, non mi pento di un cazzo, puniscimi se ci tieni.
Beppe lancia uno sguardo di sfida, ma dall’altra parte riceve solo un sorriso.
-Ti è piaciuto l’ultimo dei Metallica?
Il quarantenne lo guarda stupito, passa un minuto senza proferire parola, poi infine si decide.
-Death magnetic è un ritorno al passato poco convincente, sa di finto.
-A me è piaciuto, un tentativo di unire passato e presente.
-Senza offesa ma non mi sembri uno che ci capisce molto.
Lo pseudo-Gesù ride.
-Cazzate seguo il metal da quando gli Steppenwolf scrissero Born to be wild. Non capisco questo tuo nichilismo Beppe, escono un sacco di bei album al giorno d’oggi.
Beppe ride di gusto.
-Ormai pure i bambini sanno che il rock è morto, è rimasto solo un cadavere da vendere.
-Quindi tutti i gruppi di giovani che cercano di farsi largo aspettano solo di vendersi? Non credi che abbiano un minimo di amor proprio?
Si ferma un momento, come per dare tempo a Beppe di riflettere.
-Tornando al discorso di prima, ti ricordi quello che dicevo duemila anni fa? ‘Ama il prossimo tuo…
- …Come te stesso’ .
-Bravo, spesso ci si concentra sugli altri o su dio ma si dimentica il punto più fondamentale, amare se stessi! Tu pensa ad amarti, poi vedrai che ti verrà naturale amare gli altri, e non stare a pensare al paradiso o ad altre ricompense, pensa solo a vivere bene.
-La fai semplice, ma come fai ad amarti o anche solo stimarti, quando l’intera società ti considera spazzatura usa e getta.
-Questo non te lo devo dire io, scoprilo da solo, sappi solo che non puoi fallire, solo sbagliare.
-Vedo che hai finito le risposte precisine, ti dirò ti preferisco così.
Beppe sorrise a Gesù.
-Grazie, in ogni modo tu mi veda: filosofo, messia, profeta, uomo; A me interessa una sola cosa, che tu viva meglio la tua vita.
-Terrò in mente le tue parole, un’ultima cosa, ti offendi se continuo a dire Viva Satana?
- Tu di quello che ti pare, ma mi raccomando di non smettere mai di sperare.
Beppe se ne va soddisfatto.
- Son passati duemila anni e ancora non hanno capito; Sò proprio stronzi!

giovedì 13 maggio 2010

Il Processo parte 4 (Finale)



Fabio e Laura aspettavano già da mezz’ora che il processo potesse iniziare, il Robo-medico aveva già dato l’okay, ma l’avvocato della difesa aveva chiesto più tempo per studiare la causa. Nell’attesa Laura era già andata due volte a chiedere di come stava Carlo, fortunatamente per lui aveva pagato la sua incoscienza solo con una ferita alla gamba, il Drone di pronto soccorso aveva fermato subito l’emorragia. Nulla però lo avrebbe salvato dalla ramanzina di Giorgio. Fabio ripeteva a memoria le accuse e le prove contro gli imputati, probabilmente avrebbe testimoniato per l’accusa.
Dopo una lunga attesa il segnale arrivò e si recarono verso il tribunale mobile.
Giorgio si era messo la toga. Dietro di lui si poteva leggere l’ologramma ‘La Legge va rispettata da Tutti’. Davanti al giudice c’era una striscia luminosa nell’aria con le sue generalità ed il suo grado, accanto a lui un Drone segretario, il suo compito era registrare e riprendere l’udienza per poi caricarla nel database della magistratura. Lì sarebbe finita dimenticata in mezzo a centinaia di sentenze simili.
A presidiare l’accusa c’era Jessica, specializzata nel ruolo di Pm, anche lei con il suo ologramma identificativo obbligatorio per legge. Dall’altro lato c’era l’avvocato difensore, leggendolo Fabio scoprì che si chiamava Antonio De Gerlizzi, s’impresse il suo volto e il suo nome in memoria. Vicino c’erano i due imputati sorvegliati dai Conciliatori e un Robo-medico per il ferito.
“Possiamo incominciare”, disse Giorgio, “Registrazione udienza eseguire” rivolto al Drone, “La parola all’accusa”. “Grazie Vostro Onore, prima di tutto voglio esporre le accuse contro gli imputati: possesso di droghe di livello quattro, tentata distruzione di prove, resistenza all’arresto e lesioni a pubblico ufficiale”, prima che potesse continuare l’avvocato parlò ”Obbiezione vostro Onore! E’ vero i miei clienti non hanno risposto immediatamente all’avvertimento, ma non hanno in alcun modo dato luogo ad azioni ostili, inoltre, Giovanni non ha seguito l’ordine del magistrato solo per un difetto momentaneo al padiglione auricolare, il quale gli ha impedito di percepire da dove provenisse il suono, lasciandolo confuso e poco dopo è stato ferito all’arto”. “Però bisogna ammettere che le cazzate le sa dire” sussurrò Fabio a Laura, mentre lei nascondeva un sorriso dietro la mano. “Obbiezione respinta”, disse Giorgio, “Non sono state trovate prove mediche di questo e inoltre come le confermerà il Drone segretario l’operazione è stata fatta nel pieno rispetto della legge”. Il Drone specificò “Si signor Giudice, la legge specifica che nel caso l’arrestato non collabori o tenti la fuga, il magistrato può colpirlo in maniera non letale, inoltre qui c’è l’aggravante che l’imputato ha continuato a delinquere anche dopo l’intimidazione di fermo”.
Era evidente che su questo punto l’avvocato non avesse speranze, parve capirlo anche lui cambiando discorso, “Capisco Vostro Onore, contesto però il reato di lesioni a pubblico ufficiale, non vi sono prove che siano stati i miei clienti a preparare la trappola”, Fabio divenne nervoso, sapeva di non aver visto elementi che potessero collegare la trappola ai due criminali.
“La parola all’accusa”, riprese Giorgio, “Abbiamo le prove Vostro Onore, la telecamera che riprende il corridoio tra l’ascensore e l’appartamento mostra i due imputati, prego il Drone segretario di mostrare la prova 2b”, la macchina emise un fascio di luce, il filmato mostrava dapprima un uomo sulla mezz’età uscire dal luogo del reato senza però mostrare chiaramente il volto, Fabio notò stranamente Giorgio perdere la sua normale freddezza e far trasparire dal volto un certo stupore. Poco dopo il filmato mostrava in maniera nitida i due indiziati uscire dalla casa e fermarsi un attimo di fronte all’ascensore chiuso, uno dei due si chinava per terra, entrambi però davano le spalle alla telecamera, per poi rientrare. La telecamera non mostrava neanche il pavimento rendendo difficile capire cosa avessero fatto. “Vostro onore il filmato non dimostra niente, ci sono solo i miei due clienti che si fermano un momento davanti l’ascensore”, disse l’avvocato evidentemente sollevato. “Ha ragione il filmato non dimostra l’implicazione degli imputati nella trappola”, concordò Giorgio, “Per questo chiedo che il filmato sia acquisito come prova d’innocenza per l’accusa di lesioni a pubblico ufficiale”. Fabio era senza parole, perché dargliela subito vinta? Possibile che il presidente credesse nell’innocenza di quei due criminali? Accanto a lui anche Laura sembrava sconvolta.
Jessica senza mostrarsi minimamente turbata accettò la decisione del giudice, “Vostro Onore chiamo a testimoniare, il magistrato Fabio Ndomba”, “Concesso” disse Giorgio.
Fabio si mise vicino al Drone segretario e dopo un breve giuramento era pronto a rispondere alle domande. “Signor Fabio, conferma di aver trovato in possesso degli indiziati delle pillole v?”, chiese Jessica, “Si,  probabilmente rifornisce i circoli dediti ai tornei della morte sulla rete”, soddisfatta della risposta Jessica continuò l’interrogatorio, “Signor Fabio, conferma di aver visto il signor Giovanni distruggere delle pillole v?” chiese Jessica, “Si l’ho visto e l’ha visto anche la mia collega Laura Cenrosi, inoltre è disponibile nel database il video dell’arresto”. Dopo aver visionato il video che dimostrava come era andata la vicenda, Jessica chiese “Vostro Onore chiedo la condanna accelerata” disse Jessica, l’avvocato difensore rimase silenzioso, ormai rassegnato dalla pesantezza delle prove. “Si, indubbiamente le prove sono schiaccianti”, affermò Giorgio, “Filippo Renati ti condanno a 4 anni per possesso di droghe di livello 4, mentre a Giovanni Coltega oltre alla pena per possesso, aggiungo 5 anni per  tentata distruzione prove e resistenza all’arresto”, visibilmente soddisfatto Giorgio indicò il robot a lui vicino, “Sarà il Drone segretario a scegliere la città carcere dove sconterete la pena”. Avrebbero scontato la pena per: droga, resistenza e la tentata distruzione, ciò in parte consolò Fabio anche se rimaneva sempre insoddisfatto, perché erano stati dichiarati innocenti per le lesioni, una mezza vittoria, pensò.
Una volta andato via l’avvocato e scortati verso il luogo di detenzione i due criminali, Giorgio convocò tutti i magistrati.
“Signore e Signori, ho una notizia strepitosa”, diversamente dalla solita calma, Giorgio sembrava eccitato, “Possiamo incriminare l’onorevole Sarmiti”. L’annuncio creò non poco scalpore, molti chiesero cosa avesse scoperto, accavallando le voci e creando confusione, dopo un po’ il Presidente riuscì a calmare la situazione, “La chiave è il video che dimostra l’innocenza per il reato di lesioni, l’uomo che compare prima è l’onorevole!”, la prima a muovere obbiezione fu Jessica, “Però se ricordo bene, si vede di spalle”, “Vero ma a questo possiamo rimediare”, rispose Giorgio sorridente.
Piero sbuffò “Quindi vorresti che modifichi la sequenza in cui si vede l’onorevole Sarmiti uscire dalla porta dell’appartamento, in modo che si veda il viso?”, il Giudice fece cenno di si con la testa, “Uhm si può fare, però voglio essere ben pagato”, i magistrati in coro esplosero in una risata, “Abbiamo un accordo allora” disse Giorgio. “Amiche e amici non vi nego che sarà molto difficile riuscire a processare l’onorevole”, tutti lo guardarono con sguardo pieno di ammirazione, “Però la pillola v è una droga molto odiosa all’opinione pubblica e se diamo questo video a dei media ostili all’onorevole, monteranno un caso enorme! Quando mai ci capiterà un’occasione così ghiotta?” Tra i magistrati l’euforia era alle stelle, il più gioioso sembrava Fabio, l’idea di arrestare un politico lo elettrizzava, unica in mezzo alla gioia generale, Laura sembrava spaesata, confusa.
Da dietro un palazzo i primi raggi del sole spuntarono ad illuminare il quartiere, la notte era finita.

Ps. Ho revisionato anche le parti precedenti per renderle più coerenti e coese, spero che il lavoro finale sia godibile.

lunedì 19 aprile 2010

Fini e non Fini

Non so come finirà l'affare Fini, tornerà all'ovile? Lascerà la casa del padre padrone? FINIrà sacrificato per il ritorno di qualche altro figlio prodigo? Oppure qualcos'altro? Che adesso non mi vengono in mente altre metafore.
Boh, di sicuro è riuscito a dare un minimo di pathos a questa politica pallosa e sporca, il che è già un merito.

domenica 11 aprile 2010

Il Processo parte 3

“Piero, quale appartamento è?”, i secondi passavano inesorabili, “Cazzo sbrigati!”. Finalmente dopo un tempo che a Fabio sembrò interminabile arrivò la risposta, “Appartamento 51 ragazzo”.
La porta era chiusa, il sensore termico non indicava presenze nell’appartamento, probabilmente erano schermati. Rapidamente sfondò la porta ed entrò, come si aspettava era vuoto, vide due porte ai lati della stanza. Si fermò un attimo per asciugarsi il sudore che scorreva sulla pelle del viso e darsi un’ultima controllata prima del momento decisivo, i capelli erano ben legati. Voleva esserne certo, ripetere la figura di merda rimediata durante l’addestramento, oltre che imbarazzante sarebbe stato mortale. Fece un movimento della mano indicando la porta a sinistra, Laura appena entrata esegui l’ordine senza fiatare. Contarono fino a tre e poi simultaneamente sfondarono le due porte: vuote, non c’era niente. Fabio riuscì appena in tempo a trattenersi dal dare un pugno al muro. “Sono qui, ma dove?” sussurrò Laura al compagno, anche lei come lui portava i lunghi capelli mori legati in maniera perfetta, Fabio si ritrovò a pensare involontariamente se le fosse mai capitato che i suoi capelli le avessero oscurato la visuale durante un addestramento. Venne scosso dai futili pensieri dalla voce di Piero, “Secondo i miei dati l’origine del segnale si trova proprio di fronte a voi”. Laura sbuffò, “Che dici Piero di fronte a noi c’è solo il muro!”. Improvvisamente Fabio capì, si avvicinò al muro incriminato e si piego come per cercare qualcosa per terra. “Trovato!” esclamò sommessamente e staccò un piccolo apparecchio attaccato alla parete, improvvisamente dal nulla apparve un’altra porta. Senza perdere tempo lui e Laura si misero ai lati della porta e fecero irruzione.
All’interno della stanza nascosta si trovavano due persone vicino ad uno strano oggetto che emetteva un laser, “Fermatevi subito ed allontanatevi dal disgregatore”gridò Fabio. Uno si girò e alzo le mani in segno di resa, l’altro invece, che si trovava più vicino al laser continuò la sua attività dando le spalle ai magistrati. “Girati immediatamente altrimenti sono autorizzata a spararti” urlò Laura, passarono alcuni secondi ma il criminale continuava ad usare il laser disgregatore per distruggere le prove. Uno sparo vibrò nell’aria e colpì il braccio destro dell‘uomo che si accasciò per terra sanguinante, “Oh mio dio, hai veramente sparato Fabio!” gridò Laura non riuscendo a nascondere la propria paura. L’altro magistrato si avvicinò al laser per capire cosa stava distruggendo il sospetto, “Ho fatto bene Laura”, affermò sicuro Fabio, “Il bastardo stava distruggendo delle pillole v, fortunatamente ti ho fermato stronzo e adesso non te li toglie nessuno 5 anni” disse rivolto all’uomo ferito.
Laura chiamò un Robo-medico per trasportare il ferito e dopo aver raccolte le pillole v si avviò fuori, Fabio prese l’altro e lo ammanettò, dopo di che lo condusse rudemente fuori dalla stanza fantasma.
Arrivati all’entrata del palazzo trovarono Giorgio e gli altri ad aspettarli, un applauso li accolse, Laura arrossì brevemente ed evidentemente emozionata ringraziò la piccola folla. Fabio, invece prosegui le sue attività con apparente noncuranza, però anche lui lasciava trasparire dai movimenti poco naturali una certa emozione. Una volta consegnate le prove e l’arrestato andarono da Giorgio, “Appena l’indiziato sarà medicato potrà dare inizio al processo signore” disse Fabio con voce piena di orgoglio, “Bravi avete fatto un buon lavoro, anche senza l’aiuto dei conciliatori” affermò Giorgio, “Adesso andate dagli imputati per aiutarli nella scelta degli avvocati”, Fabio non riuscì a trattenere una risata “Potrebbero essere difesi anche dalla dottoressa Flavia ma ormai sono fottuti!”, Il primo giudice lo ammonì “Potrai pure avere ragione però hanno diritto ad un avvocato”, il giovane magistrato rispose imbarazzato, “Certo signore mi scusi”, “Tranquillo”, disse sorridendo Giorgio, “Andate pure ragazzi”.
Si trattava di una formalità però andava fatta, non ci può essere processo senza difesa. Arrivati dall’imputato, Fabio non perse tempo, “Allora bello, ce l’hai un avvocato per te e il tuo amico?”, poi fermandosi un attimo aggiunse sorridendo “Altrimenti c’è l’avvocato base”. L’avvocato base non era altro che un programma informatico, con il compito di difendere chi non poteva permettersi un vero avvocato, la maggior parte dei suoi “clienti” perdeva la causa, il che lo rendeva molto simpatico alla pubblica accusa. Fabio lo sapeva bene perché durante i primi anni di studio per diventare magistrato, aveva perso molto tempo per capire la loro programmazione e come riuscire a fregarli. “Certo che ce l’ho finto italiano” disse l'imputato alludendo alla pelle nera di Fabio. "Attento a quello che dici, puoi essere incriminato per offesa a pubblico ufficiale e razzismo" disse Laura visibilmente arrabbiata, "Lascia stare gioca a fare il duro", affermò Fabio senza sembrare infastidito poi rivolto all'uomo aggiunse "Chiamalo e vediamo se ti salva il culo". Senza altre parole uscirono fuori, mancava solo il consenso del Robo-medico e poi il processo poteva finalmente incominciare, il primo processo di Fabio.

P.s. Ultima parte presto, più presto della terza :D

domenica 7 marzo 2010

Io se fossi di destra


Io se fossi di destra m'incazzerei, perché non posso votare
Io se fossi di destra sarei amareggiato, come non si può ammettere di aver fatto una cazzata?
Io se fossi di destra direi che è uno schifo fare un decreto salva liste
Io se fossi di destra non voterei, perché questa non è destra

martedì 2 marzo 2010

Mass Effect 2





Era da parecchio che un gioco non mi piaceva così tanto, avevo quasi paura di essere invecchiato. Sapete quei discorsi: ormai i videogiochi non mi divertono più tanto, perché non sono più un ragazzino; Si cresce; Piove, governo ladro, insomma questa roba qua. Invece la Bioware mi ha sfornato Mass Effect 2, come per ricordare che se le cose sono fatte bene non c’è età che tenga.
Non voglio parlare dei dettagli tecnici di questo gioco, ma voglio parlare dell’aspetto meglio riuscito.
Non la trama che onestamente si può ridurre a: Ci sono gli alieni cattivissimi che vogliono invadere l’universo, l’eore/ina deve riunire una squadra di personaggi anonimi (un po’ come dire che i concorrenti del grande fratello sono persone modeste e schive) per prendere a calci in culo i cattivissimi alieni.
I personaggi del nostro A-Team spaziale, pur essendo indubbiamente carismatici, potevano essere più approfonditi. Non che manchino momenti intensi (in particolare Mordin), però una volta finite le loro missioni fedeltà, detta così sembra una promozione di un supermercato, non potrete più interagire con loro. Vi limiterete ad ascoltare i loro lunghi monologhi interiori dandogli sempre ragione manco foste dei rappresentanti disperati o lamentandovi continuamente di questi scassaballe logorroici proprio mentre loro vi raccontano di quando da piccoli la mamma non gli comprava la playstescion (Sant’aliena). Si ok ci sono vie di mezzo ma scommetto che almeno la prima partita vi sarete comportati in un uno dei due modi per cercare di aumentare al massimo il vostro eroismo/essere stronzi. Mancano inoltre le interazioni tra i membri del gruppo, a parte due divertente eccezioni. Forse, dati i loro caratterini, dopo essersi presentati passerebbero direttamente al fucile o alla camera da letto? E credetemi dopo aver visto le opzioni per la romance della mia Shepardessa non so quale sarebbe peggio.
Alcuni arrivati a questo punto penseranno “Ma non dovevi parlarne bene?” Giusto me ne ero quasi dimenticato. Scusate ma è un po’ come quando si sta insieme ad una persona, per quanto tu ci stia bene insieme non si possono non notare i suoi difetti e tra te ci pensi ogni tanto, quanto poco ci manchi alla perfezione. Oppure sono un nerd incontentabile, fate voi.
La Narrazione, eccola la migliore cosa di Mass Effect 2, si perché nonostante i difetti già dall’inizio rimarrete immischiati in questa storia epica e oscura. Rimarrete affascinati da alcuni dei personaggi che incontrerete, alcune scene vi gaseranno, i colpi di scena anche se non sconvolgenti vi rimarranno in testa. Chissà magari dopo ore vi ritroverete casualmente a pensarci e tutto questo al quadrato se avete apprezzato il primo gioco. Perché? Perché è tutto dannatamente narrato bene, tant’è che in breve vi ritroverete immedesimati nel vostro personale Shepard, pensando a quali nuove avventure vi aspettano nella prossima missione, creando quell’insano meccanismo “gioco ancora un po’ giusto per vedere come finisce missione” e vi ritrovate a scoprire che il po’ sono due ore, roba che a me non mi succedeva da parecchio. Dopo averci pensato un po’ su, penso che questo succede perché Mass Effect 2 non è un normale gioco, è più come se vi ritrovaste a seguire una bella serie tv in cui voi controllate il protagonista. E la cosa a costo di essere ripetitivo è veramente divertente, che chiedere di più da un gioco?

P.s. Presto terza e ultima parte del Processo

giovedì 11 febbraio 2010

Il Processo parte 2


Non erano passati neanche cinque dei dieci minuti che Piero aveva sentenziato, quando imprecò facendo un gesto come a volere buttare lo schermo che teneva fra le mani “Cazzo! Hanno lanciato una fottuta granata emp al secondo piano, manda i tuoi ragazzi là, prima che rompano i miei di ragazzi”, senza aspettare ulteriormente Giorgio fece segno a Fabio, Laura e ad un altro giovane di andare.
Indossata velocemente la tuta protettiva e il casco, entrarono dalla porta principale e per evitare imboscate salirono le scale lentamente, controllando continuamente i sensori di movimento e attività elettronica. Arrivati al secondo piano, trovarono subito un robot mal funzionante, la macchina tremava ed emetteva scariche a tempi regolari, “Guarda un po’ che fine fanno i ragazzi di Piero senza la babysitter!” osservò sarcastico Fabio, gli altri due si lasciarono sfuggire una breve risata.
Il piano presentava varie stanze, secondo i dati del tecnico l’attacco era avvenuto all'appartamento 11, per sicurezza Laura rimase fuori per coprirli da un lato, nell’altro mise un camera controllata da Piero, in questo modo entrambi i lati del corridoio erano sotto controllo. Fabio e l’altro magistrato entrarono nel locale, l’uno avanzava mentre l’altro controllava le stanze al lato, la tensione era palpabile i sensori segnalavano presenze solo in uno degli ambienti della casa, ma per sicurezza controllarono prima le altre camere. “Niente!” sussurrò Carlo a Fabio, “Qua non c’è niente”; Rimaneva solo da controllare la stanza incriminata, entrambi armarono le pistole per prepararsi ad ogni eventualità.
“Fermi tutti!” urlò Fabio sfondando la porta, non si vedeva nessuno, dov’erano finiti? pensò l’uomo, “Dietro la porta” indicò Carlo. C’erano tre persone, un maschio, una femmina adulti e un bambino, si abbracciavano tremanti.
L’uomo prese coraggio e parlò, “Signori magistrati siamo stati noi a disattivare il robot, ma vi giuro su Allah che non volevamo!”, la donna intervenne per appoggiarlo, “Mio marito a ragione! Noi stavamo cucinando, quando all'improvviso abbiamo sento degli spari e ci siamo spaventati", la donna prese fiato ancora visibilmente impaurita, "Ci stavamo mettendo al sicuro, quando è entrato in cucina questo coso, ci ha osservati e poi improvvisamente è scattato una specie di allarme”, la donna si fermò nuovamente per deglutire nervosamente, “Poi è uscito da casa, ha fatto tutto da solo, ve lo giuro!”. Mentre Carlo esaminava con un rivelatore la causa dell’anomalia, Fabio urlò contro i due, “Siete dei coglioni! Non solo avete danneggiato una proprietà statale, ci state anche rallentando”, calmandosi un po’ continuò, “Dovevate scendere subito per farvi identificare e poi finita l’operazione sareste potuti tornare a casa tranquillamente, adesso invece non mi resta che arrestarvi”. Dietro di lui si sentì ridacchiare, “Stai calmo Fabio, al limite dovremmo ringraziarli”, l’altro lo guardo male, “Sul serio, la causa del guasto è stato il forno digitale che lavora sulla stessa frequenza dei nostri conciliatori”, indicò un forno al centro della cucina, “Grazie a loro abbiamo scoperto un errore di funzionamento che i test di sicurezza non avevano evidenziato, Piero ne sarà felice!” sorrise in maniera ironica. Fabio sembrò poco soddisfatto, “Li lasciamo andare così?”, “Non fare il fanatico”, disse ridendo Carlo, “Piuttosto andiamo su prima che i veri stronzi la facciano franca” e se ne andò dalla cucina. “Per questa volta vi è andata bene”, disse il magistrato guardando la famiglia, “Però spero che la prossima volta siate più coscienziosi”, detto questo anche Fabio uscì dalla stanza.
Dopo aver riportato brevemente quanto accaduto a Piero ed aver ascoltato le sue numerose bestemmie, il tecnico li avvisò che i suoi strumenti stavano percependo attività sospette al quinto piano, i tre andarono verso le scale, Carlo però si fermo, “Prendiamo l’ascensore faremo prima”, Laura si girò verso di lui, “Non dire cazzate avranno messo qualche trappola a gas”, “No il sensore non rileva niente” rispose Carlo e entrò dentro l’ascensore, “Voi fatevi le scale che vi fa bene alla salute, io vado su” sorridendo premette il bottone del quinto piano, “Imbecille” commentò Laura.
Erano arrivati al quarto piano quando sentirono da sopra uno scoppio e un urlo, corsero ancora più forte per arrivare in cima alle scale. Carlo era per terra ansimante, dall’entrata dell’ascensore si vedevano spuntare alcuni fili elettrici lasciati scoperti, forse intenzionalmente, “Maledizione! Laura chiama subito il drone di pronto soccorso, io vado avanti, poi quando Carlo è al sicuro raggiungimi”, sconvolta la donna chiamò subito i soccorsi, “Ma non è meglio che rimani anche te qua?”, Fabio continuando ad avanzare rispose “Non capisci? Questo è un diversivo per farci perdere tempo!”, accese le videocamere per la retro visione, “Adesso credo di aver capito cos’è il segnale visto da Piero, un laser disgregatore per eliminare le prove”, controllò che fossero tutte a fuoco poi riprese a parlare, “E io non glielo permetterò, ancora di più ora che hanno osato ferire un agente in servizio!” avanzò silenzioso verso la fonte del segnale.

P.s. Scusate il ritardo!

martedì 26 gennaio 2010

La prima cosa bella


Andatelo a vedere.
Volendo potrei pure finire qua, però pare brutto, quindi procediamo. Non vi racconto la trama perché dovete vedervelo, vi basti sapere che è la storia di una famiglia livornese dal 1971 ad oggi (a voler essere precisini al 2009 ma fate finta di niente). La regia e il montaggio sono ottimi, i flashback sono tutti messi al posto giusto favorendo l’immersione nel film e il finale è in un certo senso liberatorio dopo tutti gli avvenimenti del film. La sceneggiatura è poi un piccolo gioiello a mio scrauso parere, tutti i personaggi sono delineati bene senza essere ridondanti, certo forse alcuni passaggi sono un po’ scontati se vogliamo andare proprio a vedere, però tutti funzionali ed inseriti perfettamente rendendo poi il lavoro complessivo ottimo, molto piacevole è il modo in cui viene raccontata la vicenda, i personaggi ne subiscono molte durante il film ma l’atmosfera non si fa mai troppo pesante, pur restando che ci molte scene potenzialmente commoventi, questo modo di raccontare secondo me è cucito addosso ai personaggi, creando un’ottima alchimia. Che dire degli attori? Tutti bravi, in particolare il triangolo ad otto lati (aspettate a leggere prima di pensare che è una cazzata) che regge il film, la madre ramazzotti/sandrelli, mastrandea, pandolfi e i loro corrispettivi da bambini/ragazzi (adesso potete pensarlo). Cazzata finale, ma quanto sembra dottor house in certe scene Mastrandrea? Gli manca solo il bastone!



Ps presto la seconda parte del processo

venerdì 22 gennaio 2010

Beccatevi questo primo post :D


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Mi presento son Pippo (al secolo Marco) e ho deciso di aprire questo blog per condividere i miei racconti e pensieri deliranti con la rete XD; Per cominciare le danze un racconto:

Il Processo (1° parte)

Le sirene spazzavano via ogni traccia di apparente tranquillità, i preparativi per il processo erano iniziati.
Dal mezzo corazzato scendevano degli uomini e delle donne, tutti sono vestiti di nero, per ultimo uscì un uomo sulla quarantina, i capelli brizzolati il viso ben rasato e curato. In mano un potente megafono d’ultima generazione.
“In nome della Repubblica Italiana e del suo Popolo, io Giorgio Tipor Presidente del Tribunale mobile del 17° distretto, ordino ai signori presenti nel complesso B-342 di uscire fuori per dare inizio al processo! altrimenti per la legge 576/a entreremo e vi scorteremo di sotto”.
Il palazzo era un tipico esempio della periferia degradata, quaranta piani di cemento cosparso di graffiti della banda che controllava la zona, in cima un ologramma pubblicitario di preservativi aromatizzati alla cannabis accentuava l'immagine di squallore.
Non successe niente, nel frattempo gli altri magistrati si disposero e così i robot che li seguivano, l’edificio era completamente circondato. Un’altra volta venne ripetuto l’avviso, tutto taceva dal palazzo, intanto negli altri edifici si vedevano accendere luci e facce spuntare fuori dalle finestre, nessuno sembrava sorpreso, al massimo incuriosito.
Da lontano si sentiva un rumore di motore avvicinarsi, dal fondo della via spuntò una macchina elettrica ultimissimo modello, si fermò vicino al blindato, ne scese una donna sulla trentina, aveva i capelli biondi raccolti che le incorniciavano il viso sensuale, appariva annoiata e infastidita per il fatto di trovarsi lì. Si mosse verso il più vicino magistrato. “Sono qui per il mio cliente, l‘onorevole Sarmiti”, il giovane le rispose annoiato, seguendo una prassi ben nota “E si trova la dentro?”, la donna rispose stizzita “Non sia stupido e mi faccia usare il megafono”, il magistrato spazientito la portò da Giorgio, il presidente l’accolse con un sorriso “Ma buonasera Flavia, mancava solo lei, chi deve salvare stavolta?” le fece l’occhiolino, lei rispose frettolosamente, “Se è qua già lo sa chi è il mio cliente, quindi si sbrighi a darmi il megafono”, una volta ottenuto parlò agli occupanti dell’edificio “Sono l’avvocato Flavia Verzi e sono qui per rappresentare il mio cliente, l’onorevole Sarmiti, il quale godendo della sua immunità parlamentare può uscire dall’edificio senza essere giudicato da questo tribunale, sarà la commissione giustizia a decidere se deve essere sottoposto a un processo”, il giovane ridacchiando si lascio scappare un commento “Sempre la solita menata”, il presidente lo riprese “Lasciala fare il suo lavoro Fabio”, il suo tono era chiaramente ironico.
Dal palazzo uscì un uomo sulla cinquantina, teneva una valigia con se, andando incontro al suo avvocato salutò i magistrati con aria apparentemente tranquilla. Flavia lo guardò arrabbiata, “Lo sa che ho dovuto svegliarmi alle 3 di mattina ed attraversare la zona criminale per salvarle il culo?”, il politico rispose sempre rilassato “Mi scuso con lei per questo e anche con i magistrati per avergli fatto perdere tempo, ma un cittadino ha il diritto di difendersi da eventuali accuse”, sorrise in maniera educata ai giudici. Fabio si sentiva ribollire il sangue di fronte a quel corrotto che così sfacciatamente li prendeva per il culo, se avesse potuto gli avrebbe rotto la faccia.
Giorgio osservò il politico e rispose al suo sorriso “Vada pure e le auguro sonni tranquilli”, Flavia se ne andò facendo un cenno con la mano e dietro di lei la seguì l’uomo.
Partiti loro, nella squadra serpeggiava un certo nervosismo, una donna sbottò “Ancora una volta il pezzo grosso ci è sfuggito”, “Stai tranquilla Laura prima o poi lo beccheremo in fragrante e a quel punto neanche il suo avvocato lo potrà salvare” rispose Giorgio calmo,”Adesso pensiamo di mettere questi dentro, Jessica pensaci te a dargli l’ultimatum”, una donna di mezz’età prese il megafono dal presidente e tuonò, “Ultimo avviso, se non venite fuori fra cinque minuti, la squadra d’assalto robotica verrà a prendervi dentro!”, non restava altro che aspettare, i più anziani stavano riuniti in cerchio parlando tra di loro tranquillamente, i più giovani invece erano eccitati, presto i robot sarebbero entrati in azione. Fabio non li aveva mai visti durante un vero processo, solo durante esercitazioni e fremeva dalla voglia di vederli.
Una sirena suonò, il tempo era scaduto. Le macchine si mossero verso il palazzo, camminavano con i loro sei arti con dei movimenti simili a degli insetti. Tre entrarono dall’entrata principale, due passarono da quella sul retro, l'ultimo scalò le pareti del complesso, sfruttando i sottili artigli che gli permettevano una presa perfetta, per arrivare in cima, aveva il compito di evitare eventuali fughe dall’alto.
Rumori di armi da fuoco incominciarono a sentirsi per poi interrompersi improvvisamente, un uomo anziano con una folta barba, guardò un schermo che teneva tra le mani, “Ci sono problemi Piero?” chiese Giorgio, “No Tipo, le armi che usano non possono neanche scalfire l’armatura dei miei gioielli” rispose il tecnico continuando a guardare lo schermo, “Dagli dieci minuti e li avranno catturati”.

Fine prima parte, sia che vi sia piaciuto che non, commentate grazie! A presto per la prossima parte