domenica 10 ottobre 2010

La prima fila parte 2 (Finale)

(Son tornato!)

Le sacerdotesse benedicevano un enorme folla di corazzieri, ogni volta che le voci si fermavano, rumore d'acciaio, i guerrieri alzavano le mani verso la Madre. Nonostante fossero forgiate dai migliori fabbri imperiali, le armature complete a piastre non offrivano una grande protezione dai moschetti nemici. L'unico vero scudo che poteva difendere i cavalieri era l'amore della Dea per i propri figli. Giovanni ascoltava con la massima calma eseguendo in maniera perfetta il rito, il viso impassibile sotto l'elmo. A differenza degli altri si sentiva già pronto, non era la prima volta che affrontava il puro caos della battaglia e facendosi forza della sua fede non era mai arretrato. Per questo coraggio e la sua provata esperienza, poteva scegliere di stare nel cuore della carica. Tra i cavalieri più esperti e letali, che avevano l'onore di portare armature incantate più efficaci contro il fuoco nemico. Stranamente, per i suoi compagni d'armi, lui preferiva far parte dei primi, i preferiti della Dea. Si sentiva perfettamente a suo agio sul suo cavallo da guerra, nella prima fila, composta per la maggior parte da giovani ubriachi e terrorizzati davanti al loro primo vero sangue. Giovanni sapeva che molti di loro sarebbero morti, sperava che i sopravvissuti potessero trovare nella battaglia il coraggio di servire fino in fondo la Creatrice. Il rito fu concluso, tutti urlarono all’unisono ”Viva la Madre e la vera Chiesa!”, Le sacerdotesse compiaciute andarono dai comandanti per gli ultimi preparativi.
Un’Anziana madre si staccò dal gruppo camminando verso Giovanni. Indossava una veste bianca, tenuta ferma da una cintura rosso sangue ad indicare il suo essere una madre. Dietro di lei la seguiva una giovane sacerdotessa, la sua veste bianca immacolata in attesa di diventare anch'essa madre.
”Nobile cavaliere” salutò l'Anziana madre, Giovanni prontamente scese dal cavallo e fece un inchino, “comandi madre Francesca”, ”riposo Giovanni, son venuta qui per presentarle Elena una giovane sacerdotessa bisognosa di un forte guerriero.” L'uomo rivolgendosi alla ragazza la salutò inchinandosi ”al suo servizio”, ”cavaliere”, rispose lei con un cenno della testa, ”madre Francesca mi ha molto ben parlato di lei, per questo ho voluto conoscerla al più presto per chiederle di servirmi come guardia del corpo”, fece una pausa per permettere a Giovanni di rialzarsi. “Mi hanno detto che lei combatterà in prima fila, mi chiedo che bisogno c'è, dato che più volte ha provato il suo valore”, “Confido nella protezione della Dea ma se vuole farò domanda di cambiare posizione.” “No Giovanni, non ce ne è bisogno”, intervenne Francesca, “ Condividiamo la sua fede e crediamo nella volontà della Madre, vero Elena?” La ragazza sorrise in maniera goffa ma i suoi occhi tradivano la sua vera opinione. “Sicuramente lei è più esperto nel mestiere delle armi di me e sa bene quello che fa, pregherò per lei”, detto ciò si allontanò insieme all'Anziana madre.
Giovanni si sentì sollevato. Fortunatamente avevano rispettato il suo desiderio di affrontare in prima linea i dissidenti. Soltanto là nello scontro contro i nemici della vera fede lui credeva di fare la volontà della Dea. Uccidendoli compiva un peccato d'amore, affinché le sue colpe permettessero ai dissidenti di ritrovare la vera fede nella morte. Pensando ciò la sua mano istintivamente andò a toccare la pistola.
La battaglia era imminente, salì sul cavallo e si mise in posizione aspettando lo squillo della tromba che avrebbe dato inizio al massacro. L'aria era tesa, tutti aspettavano l'ordine, alcuni terrorizzati, altri impazienti. Il suono tanto atteso arrivò, i corazzieri partirono in formazione al galoppo, come un'onda che andava ad infrangersi contro degli scogli. Giovanni sperava che la carica fosse compatta nonostante le inevitabili perdite, altrimenti il loro sacrificio sarebbe stato inutile. I dissidenti erano a poche centinaia di metri, il corazziere con la pistola già in mano spronò il cavallo, quando sentì migliaia di moschetti sparare contemporaneamente. Non è possibile, pensava tra se, siamo ancora troppo distanti per sparare. Alla sua destra, un cavaliere colpito in pieno petto, cadde a terra. Morì orribilmente schiacciato dagli zoccoli, mentre il suo cavallo continuava a galoppare verso l'inevitabile morte. Il concerto mortifero risuonava, ripetendo il terribile spettacolo. Ormai riusciva a vederli, non erano i moschettieri a sparare, per la prima volta la paura si insinuò nel suo cuore. Non restava altro che spronare il cavallo e sperare che la Dea lo proteggesse.
Non era più una questione di vita o di morte doveva solo raggiungere il nemico per poter sparare almeno un colpo, almeno uno. Ci siamo, pensava disperato, osservando ai suoi lati solo pochi cavalieri che come lui cercavano di finire questa corsa suicida. Ad un tratto un bagliore in mezzo a quella sterminata fila di corpi attirò i suoi occhi, un nano con una folta barba rossa sembrava mirarlo. Sparò pochi attimi dopo, il cavallo gravemente ferito crollò al suolo. La caduta violenta aveva probabilmente rotto qualche osso, il dolore era lancinante. L'animale morente schiacciava il corpo dell'uomo dalla vita in giù.
Alzò la visiera dell'elmo, gli occhi azzurri osservavano il cielo limpido. Tutt'intorno, i cavalli dei suoi compagni d'armi galoppavano. Piangeva come un bambino, non per la morte che l'attendeva, non per la sconfitta dell'esercito imperiale, per la sua pistola carica.